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Il Made Green In Italy e VIVA: la moneta ed il salvadanaio

Pubblicata da Opera il 25/07/2018

Il 29 maggio scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Ministeriale 21 marzo 2018 n. 56, recante il Regolamento per l'attuazione dello schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell'impronta ambientale dei prodotti, denominato "Made Green in Italy", di cui all'Art. 21, comma 1, della Legge 221/2015. Lo schema Made Green Italy rappresenta uno strumento per incrementare la competitività del sistema produttivo italiano in un contesto come quello nazionale e internazionale dove c’è una crescente domanda di prodotti ad elevata qualificazione ambientale.

Il regolamento prevede l’utilizzo della metodologia Product Environmental Footprint (PEF) per la determinazione dell'impronta ambientale dei prodotti definita nella Raccomandazione 2013/179/UE della Commissione Europea del 9 aprile 2013 e nata per contrastare la proliferazione di metodologie per la valutazione dell’impatto ambientale dei prodotti.

I primi importanti risultati, definiti dal programma sperimentale condotto dalla Commissione Europea e denominato “Single Market for Green Products initiative”, sono ora disponibili e un’ulteriore sperimentazione di due anni consoliderà aspetti ancora dibattuti come quelli relativi alla comunicazione al pubblico.

La metodologia PEF e quella utilizzata nel programma nazionale VIVA-La Sostenibilità nella Vitivinicoltura in Italia, non sono assolutamente in contrasto e in un futuro, se si riterrà opportuno, potranno essere facilmente integrate. Il Ministero dell’Ambiente, promotore sia dello Schema Made Green in Italy che del Programma VIVA, ha già condotto, con la collaborazione di ENEA, uno studio preliminare per confrontare le due metodologie.

Entrando un po’ più nel dettaglio, la PEF si basa sui principi dell’analisi del ciclo di vita (LCA), che consente di valutare la sostenibilità di un prodotto, durante tutto il suo ciclo di vita, con riferimento a 16 categorie di impatto ambientale, mentre considera gli altri aspetti legati alla sostenibilità (sociali, economici e culturali) come requisiti addizionali.

Il programma VIVA adotta già il metodo LCA per il calcolo dell’indicatore ARIA che si basa sulla categoria d’impatto “cambiamento climatico” e prevede altri tre indicatori: ACQUA, VIGNETO e TERRITORIO. L’impronta idrica, calcolata in VIVA con ACQUA, affine all'indicatore “Water Scarcity” della PEF,  e gli indicatori VIGNETO e TERRITORIO, innovativi e già considerati come esempio in ambito europeo, analizzano aspetti che la PEF considera solo come requisiti addizionali quali: qualità del paesaggio, qualità ambientale dei prodotti, sostenibilità sociale. Aspetti, quest’ultimi, di altissimo valore per quanto riguarda le produzioni italiane, sinonimo di eccellenza, qualità e sicurezza dei prodotti.

 

Concludendo, per quanto riguarda gli impatti ambientali, l’allineamento tra la metodologia VIVA e la PEF non richiederà alle aziende grossi sforzi aggiuntivi in termini di raccolta dati e costi, mentre con riferimento ai requisiti addizionali e agli aspetti di comunicazione della sostenibilità, dove per la PEF sono ancora in corso sperimentazioni, VIVA è già avanti ed è anzi stato preso più volte come esempio nei tavoli europei.

L’approccio integrato in sostenibilità di VIVA si conferma, ancora una volta, strumento di anticipazione delle politiche ambientali. Lo sforzo che compiono coloro che aderiscono a VIVA permette dunque di raggiungere molto di più rispetto a quanto viene sintetizzato in una sola etichetta.

 

Prof. Ettore Capri
ettore.capri@unicatt.it
Direttore Centro di ricerca Opera

 

 

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